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Il giro di vite delle autorità cinesi sui “big tech”: oltre le notizie

China’s ‘Big Tech’ crackdown: Beyond the headlines

Si è parlato molto del giro di vite delle autorità cinesi sul settore tecnologico. E tuttavia, al di là di tanto clamore, le misure attuate dalla Cina non costituiscono affatto una novità. Mentre numerosi governi di tutto il mondo premono per approdare a una legislazione più robusta e un’applicazione più aggressiva delle norme antitrust, la Cina ha semplicemente cercato di recuperare terreno rispetto ai Paesi sviluppati dopo anni di approssimativa supervisione normativa.

La differenza in questo caso è la velocità alla quale la Cina è in grado di operare. Le sue autorità regolatorie hanno concluso l’indagine antitrust su Alibaba in soli quattro mesi. In altre economie primarie, le procedure sono più lente e la loro risoluzione può richiedere anni, se non decenni.

È opportuno rilevare che la disciplina antimonopolistica cinese è mirata alle grandi società nel segmento di e-commerce e pagamenti elettronici, ma ha un impatto minore sul settore tecnologico nel suo complesso. La pesante sanzione imposta ad Alibaba intendeva fungere da esempio e rafforzare la conoscenza delle partiche antimonopolistiche, nonché l’obbligo di rispettare le leggi.

Senza regolamentazione, nulla può impedire alle piattaforme e-commerce di fare tutto ciò che vogliono per tenere i concorrenti al di fuori del mercato. Possono farlo costringendo gli esercenti a scegliere tra loro e una piattaforma concorrente, come sembra essere successo nel caso di Alibaba, oppure lanciando una campagna aggressiva di acquisizioni con il solo scopo di eliminare nuovi entranti. E suppongo che possiamo unanimemente convenire che ciò non sia affatto equo nei confronti di esercenti e consumatori finali.

Nel segmento dei pagamenti elettronici, la People’s Bank of China ha pubblicato un documento consultivo avente per oggetto la regolamentazione degli istituti di pagamento non bancari. Riteniamo che ne riduca la competitività rispetto alle carte di credito emesse da banche e all’imminente “yuan elettronico”, l’E-CNY, prima valuta digitale emessa da un’economia primaria. Queste norme antitrust dovrebbero inoltre impedire agli operatori esistenti come Alipay e Tenpay di adottare un comportamento aggressivo anti-competitivo.

A nostro avviso, la nuova disciplina antitrust cinese non intende frenare l’innovazione, ma incoraggiarla nell’ambito del settore Internet creando un contesto operativo equilibrato in cui le piccole start-up possano competere con i colossi tecnologici. In assenza di una regolamentazione, il settore Internet cinese è destinato a essere dominato da un piccolo numero di società di piattaforme compromettendo così l’innovazione.

Attuando il giro di vite sui colossi tecnologici la Cina non ha rinunciato all’ambizione di diventare un’economia digitale leader. Anzi. Il rafforzamento dei controlli normativi incrementerà probabilmente la concorrenza nel settore Internet, giovando a nostro avviso ai consumatori e collocando la Cina sul percorso appropriato per conseguire un importante obiettivo definito nel suo XIV Piano quinquennale, ossia la trasformazione in un’enorme fucina di innovazione.

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