Non dobbiamo avere paura dell’eccezionalità
La tecnologia sta risalendo la curva della specializzazione. Dove può arrivare la progressiva trasformazione dell’“intelligenza artificiale” in “intelligenza”?
Purché sia in salute L'ingegnosità dell'uomo sta sottraendo terreno di caccia alla Nera Signora, presentando nuove sfide per la nostra specie
Anche se non avete mai visto il classico di Ingmar Bergman Il settimo sigillo, probabilmente vi sarà capitato di vedere le immagini in bianco e nero del cavaliere che sfida a scacchi la Morte (di nero vestita, ovviamente). Ambientato nel bel mezzo di una pestilenza, si tratta di un film metaforico per eccellenza.
Oggi, pur non avendo sconfitto la morte, grazie alla tecnologia siamo in vantaggio di qualche pedone sulla scacchiera. La Morte non è più messa a confronto con un cavaliere medievale, in tutta la sua fallibilità, bensì duella contro Deep Blue, il primo computer ad aver battuto un grande maestro degli scacchi. Ma quello era il 1996, una generazione fa, mentre oggi, ancor meglio, siamo sospinti dall'inesorabile potenza della Legge di Moore.
"Abbiamo ottimizzato le condizioni igieniche, le malattie infettive e tutta una serie di altri guai. Cosa faremo adesso?", chiede Eric Verdin, presidente e CEO del Buck Institute For Research On Aging.
"Abbiamo assistito a un’eccezionale diminuzione della mortalità infantile e di mezza età", afferma Andrew Scott, professore di economia presso la London Business School e co-fondatore di The Longevity Forum. "Ora facciamo i conti con le malattie connesse all'invecchiamento."
Per citare un esempio, i rapidi avanzamenti sul fronte dei vaccini contro il COVID mostrano come la capacità dell'uomo di "codificare" un filamento di DNA o RNA si sia evoluta più velocemente rispetto alla stima di Moore circa la crescita negli ultimi due decenni della nostra capacità di elaborazione.
I progressi con le terapie geniche, oncologiche e in altri campi si traducono in un prolungamento della vita umana, ora come in futuro. L'aspettativa di vita media a livello globale è cresciuta di oltre sei anni tra il 2000 e il 2019 (a 73,4 anni), ma anche l'aspettativa di vita in salute è passata da 58,3 anni a 63,7 anni.1
"Intervenire su alcuni geni è una possibilità sempre più concreta", afferma Jorge Fernández García, Direttore dell'innovazione presso EIT Health. "Ad esempio, ipotizzando che mia moglie abbia il diabete di tipo 1, una condizione ereditaria, sarei disposto a pagare per garantire che i miei figli non soffrano di diabete? Penso che nessun padre risponderebbe di no."
Dall'editing genomico, passando per la coltura di tessuti corporei, fino agli smartphone capaci di diagnosticare problemi di salute mentale, la tecnologia sta spingendo sempre più avanti le frontiere della durata della vita umana, un'area di crescente interesse dal punto di vista sia sanitario sia economico.
"Una nuova pandemia in arrivo è quella delle malattie connesse all'invecchiamento, di portata ben più ampia e diffusa rispetto al COVID", ha dichiarato il prof. Scott. Essa richiederà fondi pubblici per la ricerca sulla longevità, "che ad oggi beneficia di una fettina esigua dei finanziamenti destinati a gran parte delle altre patologie".
Andrew Scott, Professor of economics at the London Business School and cofounder of The Longevity ForumUna nuova pandemia in arrivo è quella delle malattie connesse all'invecchiamento, di portata ben più ampia e diffusa rispetto al COVID
Le società farmaceutiche si concentrano sulla mitigazione di aspetti specifici. Secondo Fernández García: "È proprio così che le case farmaceutiche fanno soldi a palate: le condizioni croniche impongono trattamenti farmacologici ripetuti nel tempo e molto costosi. La proposta di valore è molto interessante."
Invece, rispetto al superamento dell'approccio basato sulla mitigazione, prosegue: "Non ho ancora visto nessuna casa farmaceutica interessata ad avanzare in tal senso. Se ne parla, ovviamente, a livello di settore, ma non nelle singole aziende. Le big pharma puntano sui centri di ricerca genetica, oncologica ecc., di certo non sul prolungamento della vita."
Presso il Buck Institute For Research On Aging, tuttavia, metà dei finanziamenti delle no-profit proviene dal National Institute of Health statunitense: "Il NIH ha un istituto chiamato National Institute of Ageing, che, a quanto so, è il terzo per dimensioni tra tutte le strutture di questo tipo, avendo riconosciuto che l'invecchiamento costituisce un fattore di rischio per lo sviluppo di malattie. Senza negare l'importanza del lavoro svolto in ambito cardiaco, ematico, polmonare e oftalmico dal National Heart, Blood and Lung Institute e dal National Eye Institute, tutte le suddette malattie croniche non riguardano organi specifici, bensì colpiscono grossomodo qualsiasi parte dell'organismo."
Temi come quello dell'invecchiare (nel migliore dei modi) e della distribuzione dei relativi vantaggi implicano profondi cambiamenti strutturali all'interno della società. Senza un controllo adeguato, queste innovazioni rischiano di esacerbare le crescenti disuguaglianze, non solo tra i vari paesi ma anche all'interno degli stessi? Oppure, riprendendo le parole del dott. Verdin:
Eric Verdin, President and CEO of the Buck Institute For Research on AgingL'indice predittivo più affidabile dell'aspettativa di vita di una persona è il luogo in cui vive?
I pazienti nei vari paesi avranno pari accesso alle terapie connesse all'invecchiamento? Oppure accadrà come con l'accesso ai vaccini contro il COVID, dove i paesi ricchi hanno fatto incetta di dosi a scapito di quelli più poveri?
"Penso che nessun paese ci abbia ancora pensato", afferma Fernández García.
Il prof. Scott raffronta la situazione attuale con i progressi operati sul fronte della salute pubblica nel secolo scorso: "Vi è stata una massiccia campagna a favore della salute pubblica, che ha interessato alloggi, istruzione e condizioni igieniche, andando a garantire che tutti beneficiassero dei progressi compiuti, non solo i più abbienti." Ritiene che oggi le società debbano fare la stessa cosa per sostenere il prolungamento della vita, ammonendo che "in caso contrario, assisteremo a un aumento delle disuguaglianze".
Il che ci porta al dilemma di come finanziare tutto questo processo: "Meno persone lavoreranno e gran parte del lavoro sarà svolto dalle macchine", osserva Fernández García. "Ma allora chi è che genererà i proventi per consentire ai governi di sostenere servizi e pensioni negli anni di inattività economica dei beneficiari?"
Ragionare in termini di proventi, tuttavia, è proprio il modo con cui il mondo creato dalla prima rivoluzione industriale ha inquadrato questo tema per tre secoli. Ma non è sempre stato così e secondo alcuni vi sarebbero approcci più adatti al mondo di oggi.
Ragionare in termini di proventi, tuttavia, è proprio il modo con cui il mondo creato dalla prima rivoluzione industriale ha inquadrato questo tema per tre secoli. Ma non è sempre stato così e secondo alcuni vi sarebbero approcci più adatti al mondo di oggi.
Per il prof. Scott, la risposta sta nel ripensare il mondo con cui misuriamo il successo. Egli sostiene infatti che le società dovrebbero iniziare a concentrarsi maggiormente sull'aspettativa di una vita in salute e che questo aspetto (non il PIL) dovrebbe essere utilizzato come parametro chiave dai governi. "In tal modo la società si focalizzerebbe di più sull'appianare le disparità in termini di aspettativa di vita. Infatti, dovrebbe essere molto più semplice prolungare la vita di una persona da 50 a 80 anni anziché da 80 a 100."
In un mondo trainato da indicatori di redditività e valore monetario, è plausibile o auspicabile transitare verso parametri di successo alternativi, come l'aspettativa di una vita in salute?
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Gli investitori si soffermano troppo su alcune aree della sostenibilità, senza considerare gli effetti più ampi o addirittura controproducenti
Come possiamo garantire che la combinazione di rallentamento della crescita e aspettativa di vita più lunga non si traduca in una qualità della vita inferiore?