Se si ritiene che il nostro scenario alternativo abbia maggiori probabilità di prevalere – vale a dire che l’inflazione si dimostri ostinata e le Banche Centrali proseguano la stretta più a lungo – gli asset del Private Credit potrebbero rivelarsi interessanti. Numerosi investimenti nel Private Credit hanno tassi variabili, il che significa che le cedole incassate dagli investitori aumentano man mano che i tassi d’interesse salgono. Ciò può contribuire ad attenuare il rischio di inflazione e di tasso d’interesse.
Qualora la Fed continuasse a innalzare i tassi d’interesse, gli investitori potrebbero cominciare a dubitare della capacità degli emittenti di servire il debito. Tuttavia, sebbene in tale scenario gli indici di copertura degli interessi siano destinati a scendere, il mutuatario medio è entrato in questo ciclo in una forte posizione.
Perché riteniamo che lo scenario base sia di “calo dell’inflazione”
L’outlook per il reddito fisso è inestricabilmente legato alle prospettive di crescita rispetto a quelle di recessione. Dopo il rimbalzo marcato seguito alla profonda recessione globale nel 2020, la dinamica sembra essersi indebolita. Non è solo il settore manifatturiero a soffrire: anche i mercati immobiliari e l’attività edilizia stanno indebolendosi in molti Paesi (ad esempio gli Stati Uniti). Dal momento che l’inflazione erode i redditi reali, l’Europa ha le maggiori probabilità di subire una recessione, a nostro avviso. Ciò è dovuto ai prezzi elevati del gas naturale nella regione, a seguito delle forniture limitate dalla Russia (e del desiderio dell’Europa di trovare fonti energetiche alternative). È inoltre probabile che gli effetti negativi delle sanzioni commerciali imposte alla Russia si facciano maggiormente sentire in Europa. Per contro, poiché la Cina ha registrato una minore inflazione rispetto a molte altre grandi economie e la Banca Centrale Cinese ha attuato una politica accomodante (a causa dell’economia debole), presumiamo che possa sfuggire al peggio del rallentamento in Occidente.
Riteniamo che l’inflazione scenderà nella maggior parte dei Paesi nel 2023. In primo luogo, le cause più immediate di inflazione quali l’aumento dei prezzi delle materie prime e le turbative nelle catene di fornitura ora sono meno intense. In effetti, negli ultimi mesi i prezzi delle materie prime sono diminuiti e il guadagno su base annua ha ora virato in negativo. I prezzi delle materie prime iniziano pertanto a spingere al ribasso, anziché al rialzo, l’inflazione. Di conseguenza, ci aspettiamo che l’inflazione headline scenda al di sotto dell’inflazione core nella maggior parte dei Paesi nei prossimi mesi e trimestri; resta quindi l’interrogativo circa l’evoluzione dell’inflazione core.
Guardando al di là delle cause più immediate di inflazione e concentrandoci sui problemi alla radice, supponiamo che il colpevole vada ricercato nell’aggressiva espansione monetaria degli ultimi anni. I governi hanno dovuto proteggere i flussi di cassa delle famiglie e l'economia durante le fasi iniziali della pandemia per evitare una recessione profonda. Ciò ha richiesto un aumento consistente del debito pubblico, che è stato facilitato dalle Banche Centrali, in particolare quelle impegnate ad acquistare obbligazioni. La Figura 7 illustra come l’accelerazione della crescita dell’aggregato monetario USA sia stata seguita da una ripresa dell’inflazione core. Tuttavia, la crescita dell’aggregato monetario è ora decisamente inferiore. Crediamo che ciò apra la strada a un possibile calo futuro dell’inflazione core. Più in concreto, riteniamo che la crescita salariale sia un fenomeno ciclico destinato a essere smorzato dalla maggiore disoccupazione. È inoltre probabile che l’aumento dell’inflazione dei costi abitativi (costi di locazione, ecc.) si attenui man mano che i prezzi delle abitazioni scendono.