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Valutazioni interessanti per le azioni europee: ecco perché

Valutazioni interessanti per le azioni europee: ecco perché
In sintesi
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Le azioni europee scambiano a valutazioni interessanti rispetto ai mercati azionari e obbligazionari di altre aree geografiche.  

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I potenziali rischi per l’asset class sono un’eventuale recessione, il tipo di “atterraggio” che ci aspetta (duro o morbido) e la probabile traiettoria dei tassi d’interesse.  

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Continuano a essere approvate norme volte a sostenere la transizione verso il net zero e a favorire gli investimenti in aziende che operano in quest’area. 

Valutazioni interessanti per le azioni europee: ecco perché

Le azioni europee, a nostro avviso, scambiano a valutazioni interessanti rispetto ai mercati azionari e obbligazionari di altre aree geografiche. 

I timori sul ciclo economico globale, sul costo dell’energia e più in generale sull’inflazione, oltre che sulla guerra in Ucraina, hanno fortemente pesato sui flussi di capitali verso l’azionario europeo, dando luogo a valutazioni attrattive per l’asset class. Si tratta potenzialmente di un ottimo punto di partenza per i rendimenti. 

Nonostante la recessione tecnica di lieve entità confermata dai dati economici nel 2023, i bilanci delle società europee sono robusti e le aziende parte della nostra strategia europea presentano livelli di indebitamento bassi o perfino nulli. 

Si tratta di un dato fondamentale dal momento che la debolezza dei bilanci nel corso di un rallentamento dell’economia può portare all’emissione di titoli azionari deteriorati, come accaduto ad esempio nel settore bancario all’indomani della crisi finanziaria globale (CFG). Se i bilanci sono solidi, come oggi, questo rischio è basso.

Parlando di banche, oggi non solo queste sono ben capitalizzate, bensì la loro capacità di generare capitale è favorita da tassi d’interesse più elevati che consentono loro di versare dividendi generosi e intraprendere significativi programmi di riacquisto azioni proprie. Si tratta di un quadro nettamente diverso da quello dell’ultimo decennio. 

I tassi d’interesse, inoltre, resteranno a nostro giudizio “più elevati più a lungo” (tema su cui torneremo tra poco), rendendo gli istituti di credito un’opportunità d’investimento a lungo termine ancor più allettante.

Dove ravvisate rischi nell’azionario europeo?

L’enfasi è su un’eventuale recessione e sul tipo di “atterraggio” che ci aspetta (duro o morbido), oltre che sulla probabile traiettoria dei tassi d’interesse.  Le due questioni riguardano tutti i mercati, non solo l’azionario europeo. 

Partendo dai timori di una recessione, i dati macroeconomici europei e quelli comunicati dalle società mostrano che il settore più colpito dalla recente debolezza dell’economia è quello manifatturiero, in cui si è avuta ad esempio una forte riduzione delle scorte. Ma servizi e consumatori si sono dimostrati molto più resilienti, favoriti da un alto tasso di occupazione, dalla crescita dei salari, da risparmi consistenti e dalla domanda repressa. 

Questa divisione all’interno dell’economia si è rispecchiata nei corsi azionari: mentre le aziende più a monte nel processo produttivo come quelle del comparto manifatturiero hanno sperimentato tagli degli utili e conseguenti de-rating delle valutazioni, con un impatto sulle cifre in alcuni casi maggiore di quello osservato nel 2009,  gli utili di società di servizi in aree orientate ai consumatori sono rimasti solidi, con coefficienti di valutazione ancora storicamente elevati. 

In caso di atterraggio “soft” ci aspetteremmo un rimbalzo di questi settori manifatturieri e “a monte”, sia dal punto di vista operativo che, quindi, da quello delle valutazioni; essendo stati i primi a entrare in recessione, in quest’eventualità saranno secondo noi i primi a uscirne.  In uno scenario di atterraggio “hard”, invece, crediamo che i danni per le aree cicliche del mercato saranno più limitate, dati i tagli estremi già scontati. Di converso, per quelle dei servizi ed esposte ai consumatori il rischio di ribassi e per le valutazioni sarebbe significativo. Nell’ambito della nostra strategia europea, l’esposizione ai settori ciclici riguarda più manifattura e beni industriali, evitando quei titoli in comparti legati ai servizi e più orientati ai consumatori dove sussiste un maggior rischio ciclico e connesso alle valutazioni.

Tornando ai tassi d’interesse, riteniamo improbabile un ritorno ai minimi sperimentati nel decennio seguito alla CFG. La disoccupazione è bassa e i salari continuano a crescere, mentre l’inflazione resta al di sopra dei livelli tendenziali.  Il rischio, a nostro avviso, è quello che i tassi d’interesse rimangano “più elevati più a lungo”, con un profilo più simile a quello della Table Mountain in Sudafrica che a quello del Matterhorn in Svizzera. I titoli growth, ovvero quelli ad alta duration, di settori come quello tecnologico, hanno goduto di bassi tassi d’interesse nell’ultimo decennio circa sfruttando questo contesto per finanziare la propria espansione e alimentare i propri multipli di valutazione. Questo settore potrebbe far fatica a continuare a dominare le performance.

Dove ravvisate le principali opportunità in Europa?

Come suggerisce tutto ciò, l’azionario europeo non è una semplice corsa con un solo favorito; ci sono sfumature sia a livello di settori che di singoli titoli azionari: gli investitori non possono fare affidamento su un approccio basato su un singolo fattore, che sia quello growth o value. 

Siamo dell’avviso che la nostra filosofia di selezione dei titoli, comprovata nel tempo, basata sui fondamentali e con un’enfasi su una transizione di qualità, sia decisamente adatta a questo più complesso contesto d’investimento.  Le nostre strategie traggono vantaggio da un ampio ventaglio di temi. Come già menzionato, i titoli meno esposti ai consumatori, quelli nel settore manifatturiero e ad alta intensità di capitale sono intrinsecamente più interessanti, ma siamo esposti anche a società large cap del comparto farmaceutico i cui corsi azionari scontano poco o nulla la futura crescita delle attività di ricerca e sviluppo. & 

L’energia è un altro settore estremamente attrattivo nell’attuale contesto grazie a prezzi del petrolio verosimilmente favoriti nel breve periodo da una scarsa offerta dagli Stati Uniti. Fatto ancor più importante, quello dei grandi operatori integrati del comparto energetico è un altro segmento con livelli di indebitamento spesso estremamente bassi o trascurabili e in cui le aziende generano enormi flussi di cassa disponibili che restituiscono poi agli azionisti tramite dividendi e riacquisto di azioni proprie (tema già affrontato in riferimento alle banche). 

ESG ancora al centro

Sarebbe sbagliato non menzionare la transizione energetica. Bilanci e flussi di cassa disponibili robusti significano abbondante liquidità da investire in programmi legati alle energie rinnovabili a rendimenti potenzialmente elevati. Inoltre, man mano che la comunità ESG comprenderà il ruolo fondamentale svolto da tali imprese nel processo di decarbonizzazione globale, queste riceveranno maggiore attenzione anche da parte della comunità finanziaria.

I fattori ESG sono un enorme tema in Europa: continuano infatti a essere approvate norme in ogni campo volte a sostenere la transizione verso il net zero e a favorire gli investimenti in tal senso.  Si tratta anche in questo caso di un tema fondamentale nella nostra strategia europea. 

Case study: aziende attente ai fattori ESG favorite dalle nuove norme approvate in Francia

Un caso emblematico è quello del settore edilizio francese, in cui le aziende più attente ai fattori ESG sono state tra i principali beneficiari di una nuova norma nel Paese che esclude le abitazioni con le peggiori prestazioni energetiche dal mercato degli affitti. 

Questo tipo di regole, destinate solamente ad aumentare nell’area, sono di enorme beneficio perché significano investimenti e crescita in futuro nel campo dell’edilizia, sul versante sia dei prodotti che dei servizi.

Più nel lungo periodo, in Europa, crediamo che i timori sulla sicurezza energetica, a cui si aggiunge il “nearshoring” delle attività manifatturiere e industriali, porteranno a significativi investimenti.  Un tema collegato è la prosecuzione della decarbonizzazione e della rigenerazione nell’ambito degli sforzi compiuti dall’UE per rimanere in prima linea nella transizione verso le zero emissioni nette, senza contare la digitalizzazione dei diversi settori in ottica di ulteriore incremento dell’efficienza.  Tutti questi investimenti spingeranno al rialzo occupazione e salari, il che significa che l’inflazione è destinata a persistere... e quindi, in un circolo virtuoso (almeno per le nostre strategie), i tassi d’interesse resteranno “più elevati più a lungo”. 

In sintesi, reputiamo le azioni europee un’opportunità complessa ma interessante e siamo ben posizionati per continuare a sfruttarla.

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  • *Al 31 ottobre 2021

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